Quello della meditazione è un tema che sta diventando sempre più attuale al giorno d'oggi.
Per scoprire meglio questo mondo così affascinante abbiamo deciso di intervistare il Maestro Carlo Zendo Tetsugen Serra, monaco buddista italiano e fondatore del Monastero Zen "Il Cerchio Magico" di Milano.
Entrare nel monastero significa fermarsi, osservare, ascoltare. Le parole del Maestro sono un racconto dei tempi attuali e dei bisogni sempre più contingenti dell'uomo, di tutti noi.
ll monastero rappresenta innanzitutto un luogo di ricerca personale, un momento prezioso per trovare - o ritrovare - un equilbrio nella difficile esistenza quotidiana, oltre che un incontro con altre persone che praticano la meditazione.
In questo senso, diventa un'importante occasione di scambio, di incontro. E' un luogo continuamente vivo, dove non solo ci si può raccogliere individualmente, ma dove è molto forte il concetto buddista di "Sangha", di comunità.
Sì, e rischiamo di dimenticarci che, invece, incontrarsi è fondamentale. L'esperienza della pandemia ci ha reso consapevoli che lo stare da soli moltiplica le problematiche, mentre insieme agli altri si affrontano le difficoltà.
In questo senso, un luogo come il monastero rappresenta un grande aiuto personale, ma anche sociale.
Esatto, presso il nostro Monastero SanboJi, a Berceto, è possibile effettuare dei ritiri e rimanere diversi giorni.
Diciamo, per usare un'espressione attuale, che è un luogo e un'occasione per "decantare", per destrutturare la propria ansia, la tossicità della vita convulsa. Da soli o insieme agli altri.
Credo, in base alla mia esperienza, che sia dovuta soprattutto a una mancanza di identità, tipica di questo momento storico. Come società abbiamo compiuto enormi passi avanti: penso all'Intelligenza Artificiale o al Metaverso, grandi traguardi a livello di innovazione.
Credo anche, però, che tutto questo possa minare in parte la nostra identità. E questo spiega la grande attenzione nei confronti della meditazione: basti pensare che negli Stati Uniti il 10% della popolazione medita.
E' un qualcosa che ti ricollega alla profondità di chi sei, al tuo vero essere. Senza che qualcuno pensi per te, al tuo posto.
Esattamente. Il concetto del senza tempo è alla base di tutte le meditazioni, ancora di più nello zen. A livello pratico, se noi ci sediamo con calma e respiriamo, si ferma un'attività, quella del reagire, che di fatto crea l'incertezza del tempo.
Qui ci si siede, si respira, non si pensa alle conseguenze dell'agire. E questo crea l'Uji, "l'essere tempo".
Quando medito, io sono il tempo, e più mi identifico con esso, più riesco a non reagire, ma ad agire.
Proprio così. Non tanto perchè scompare, ma perchè io divento il mio tempo.
La pratica della meditazione è davvero trasversale. Poco tempo fa, per esempio, abbiamo avuto un convegno importante a Padova e l'età media andava dai 30 ai 70 anni.
Nella pratica dello zen si è ancora più giovani, forse perchè è slegata all'ambito religioso ed è più vicino ad un percorso personale di creatività.
Qui organizziamo percorsi di meditazione, intesi come occasione di stare insieme.
Una volta al mese apriamo anche "Una tazza di Zen", dove ci incontriamo e meditiamo. L'obiettivo è creare una grande inclusione.
Seguiamo lo stesso format a Berceto, che è aperto a tutta l'Italia con la possibilità di stare due giorni con incontri e confronti continui, ma soprattutto è aperto anche alle famiglie. In futuro avremo anche i camp per i bambini, sia estivi che invernali.
Abbiamo poi un obiettivo molto ambizioso, che sarà pronto nella primavera del 2025: lo Zen Village, una serie di edifici che accoglieranno soprattutto i giovani, tra incontri di meditazione e progetti artistici.
Vorrei, e vorremmo, diffondere la cultura dello stare meglio. Perchè, anche se a volte non sembra vero, stare meglio è possibile.